Articolo pubblicato in data 28.06.2022

VIOLENZA PSICOLOGICA E NARCISISMO NEI CONFRONTI DEL PARTNER, COME DIFENDERSI?

Trattando questioni in materia di diritto di famiglia capita purtroppo di imbattersi in casi di violenza psicologica nei confronti del partner.

Essa è differente dalla violenza fisica, ma altrettanto nociva.

Si manifesta mediante una serie di maltrattamenti più o meno espliciti nei confronti del proprio compagno/a quali ad esempio minacce, offese, svalutazioni, isolamento sociale (da famiglia e amici), limitazione della libertà, controllo (dei messaggi, delle mail, dei social, degli spostamenti), mancato supporto in caso di bisogno.

La reiterazione dei suddetti comportamenti fa sentire chi li subisce solo, confuso, insicuro e spesso responsabile del fallimento della propria relazione.

Una delle forme più subdole di violenza psicologica, che prende sfortunatamente sempre più piede, è il narcisismo patologico che, come noto, deriva dal personaggio della mitologia greca Narciso il quale s'innamora della sua stessa immagine riflessa in uno specchio d'acqua e cercando invano di abbracciare la propria immagine, muore cadendo nel lago in cui si specchiava.

Pur non essendo una psicologa vi dico cosa ho appreso negli anni da varie esperienze lavorative:il narcisista, uomo o donna che sia (personalmente ho incontrato più casi di narcisisti uomini) ha una personalità caratterizzata da egocentrismo, bisogno di ammirazione, totale assenza di empatia e sensibilità verso gli altri. Spesso il suo comportamento deriva dall'essere stato cresciuto in un ambiente familiare incapace di fornirgli da piccolo le necessarie attenzioni emotive.

Il suo modus operandi di solito è il seguente: sceglie una vittima e cerca quante più informazioni possibili su di lei, anche con l'ausilio dei social network, per carpire la sua personalità e i suoi gusti e conquistarla più facilmente. Conseguentemente la contatta e la corteggia iniziando un periodo di vero e proprio bombardamento d'amore denominato "love bombing" in cui il narcisista inonda di messaggi la sua vittima, la riempie di attenzioni per settimane e la ricopre di complimenti, facendola sentire speciale. Da un giorno all'altro però attua una vera e propria manipolazione psicologica mediante il "gas lighting" ossia di colpo sparisce, le poche volte che si fa sentire si mostra freddo e distaccato, critica ogni cosa che l'altra persona afferma, la svaluta, la ferisce anche davanti ad altre persone, spesso anche tradendola (per poi farla passare per pazza se solleva la questione) e rende la sua vittima confusa, insicura e completamente dipendente da lui al punto di farle credere di non valere nulla e che il distacco del partner in realtà dipenda da una sua colpa. Ciò la fa piombare nella totale disperazione in quanto da un momento all'altro e senza spiegazioni viene privata delle attenzioni a cui era abituata e pertanto tenterà di riavere quest' uomo che ai suoi occhi era il suo uomo ideale (in realtà fingeva solo di esserlo), fatto che renderà il narcisista ancora più galvanizzato nel suo ego.

Il narcisista nella maggior parte dei casi torna dalla sua vittima (spesso inconsapevole) la quale lo accoglie a braccia aperte acconsentendo a ripetere questo gioco al massacro fino addirittura in alcuni casi arrivare a decidere di sposarlo o in ogni caso ad averlo come partner per anni.

Esistono peraltro due tipi di narcisismo covert e overt. Il narcisista overt ha un atteggiamento arrogante e sprezzante, il covert o nascosto esteriormente, appare vulnerabile e sensibile,pertanto è ancor più difficile da individuare.

Quella del narcisista patologico è una violenza molto sottile e maligna, che causa sofferenze e disagi psicologici a molte persone che possono sfociare nella depressione e in alcuni casi purtroppo anche nel tentato suicidio, oltre a cagionare pesanti danni fisici.

Cadere nella rete dei narcisisti purtroppo è facile in quanto trattasi di persone molto abili a recitare e conseguentemente manipolare il proprio/la propria partner. Fortunatamente alcune vittime riescono a trovare il coraggio e la forza di allontanarsi da questi soggetti.

Le condotte del narcisista sono illecite e pertanto punibili ai sensi di legge. Il gaslighting è suscettibile di rientrare nella nozione di atti persecutori così come definita dall'art. 612 bis del codice penale e può rientrare inoltre nell'art. 570 del codice penale, violazione degli obblighi di assistenza familiare e nell'art. 572 del codice penale, maltrattamenti in famiglia.

Tornando al concetto generale di violenza psicologica essa è contemplata da svariati articoli del codice penale ossia:

1) art. 572 del codice penale, maltrattamenti in famiglia. Questa norma punisce chi maltratta un familiare;

2) art. 582 del codice penale, lesioni personali. Il reato di lesioni personali punisce chi cagiona a una soggetto una malattia nel corpo o nella mente, quindi anche la violenza psicologica;

3) art. 610 del codice penale, violenza privata.

Questo reato si configura quando con violenza o minaccia si costringe qualcun altro a fare, tollerare od omettere qualche cosa;

4) art. 612 del codice penale, minaccia.Il reato si configura quando si minaccia ad altri un danno ingiusto;

5) art. 612 bis del codice penale,stalking. Il reato si configura quando qualcuno, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva, ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita;

6) mobbing familiare. Il suddetto fenomeno ha come caratteristiche essenziali la reiterazione nel tempo dei comportamenti persecutori per distruggere psicologicamente la vittima, il danno alla salute, alla personalità o alla dignità del familiare,il nesso causale tra condotta illecita e danno, il dolo ossia l' intenzionalità dell'autore. Il mobbing si può ricondurre in alcuni casi ai reati di violenza privata,lesioni personali,morte o lesione come conseguenza di altro delitto, istigazione al suicidio, violenza sessuale, molestia o disturbo alla persona, violazione degli obblighi di assistenza familiare.

Come difendersi dalla violenza psicologica?

Le vittime di violenza psicologica possono presentare denuncia e chiedere il risarcimento dei danni morali e materiali patiti a causa delle condotte del soggetto maltrattante, costituendosi parte civile. Inoltre l'articolo 282 bis del Codice di Procedura Penale (introdotto dall'art. 1 della Legge 154/2001) prevede un'importante misura cautelare: l'allontanamento del soggetto violento dalla casa familiare.

Ed ancora la vittima può ottenere l'emissione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari ossia un provvedimento del Giudice per ordinare la cessazione della condotta del coniuge o di altro convivente che sia "causa di grave pregiudizio all'integrità fisica o morale ovvero alla libertà dell'altro coniuge o convivente" (art. 342 bis c.c.).

La violenza psicologica poi costituisce causa di addebito della separazione, allorquando il coniuge si sia reso colpevole di ripetuti atteggiamenti ostili e minacce nei confronti dell'altro, che abbiano di fatto reso impossibile la convivenza.

In tal senso vi è molteplice giurisprudenza:

-Tribunale di Milano sentenza n. 4669/2015: "la separazione va addebitata al coniuge che, con minacce, ingiurie e violenze, abbia assunto nei confronti del partner un atteggiamento aggressivo tanto da aver portato all'abbandono del tetto coniugale";

-Sentenza della Corte d'Appello di Torino del 21 febbraio 2000 in merito al mobbing familiare:"I comportamenti dello S. (il marito) erano irriguardosi e di non riconoscimento della partner: lo S. additava ai parenti ed amici la moglie come persona rifiutata e non riconosciuta, sia come compagna che sul piano della gradevolezza estetica, esternando anche valutazioni negative sulle modeste condizioni economiche della sua famiglia d'origine, offendendola non solo in privato ma anche davanti agli amici, affermando pubblicamente che avrebbe voluto una donna diversa e assumendo nei suoi confronti atteggiamenti sprezzanti ed espulsivi, con i quali la invitava ripetutamente ed espressamente ad andarsene di casa. Il marito curò sempre e solo il rapporto di avere, trascurando quello dell'essere e con comportamenti ingiuriosi, protrattisi e pubblicamente esternati per tutta la durata del rapporto coniugale ferì la T. (moglie) nell'autostima, nell'identità personale e nel significato che lei aveva della propria vita. Il rifiuto, da parte del marito, di ogni cooperazione, accompagnato dalla esternazione reiterata di giudizi offensivi, ingiustamente denigratori e svalutanti nell'ambito del nucleo parentale ed amicale, nonché delle insistenti pressioni con cui lo S. invitava reiteratamente la moglie ad andarsene è un fenomeno ormai internazionalmente noto come mobbing.Ritenuto che tali condotte sono violatori del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, posto in generale dall'art. 3 Cost. che trova, nell'art. 29 Cost. la sua conferma e specificazione,conclude nel senso che al marito deve essere ascritta la responsabilità esclusiva della separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri (diversi da quelli di ordine patrimoniale) che derivano dal matrimonio, in particolare modo al dovere di correttezza e di fedeltà ".

-Cass. Pen., Sez. VI-1, Sent., 7 luglio 2021, n. 25914:"in tema di maltrattamenti in famiglia, lo stato di inferiorità psicologica della vittima non deve necessariamente tradursi in una situazione di completo abbattimento, ma può consistere anche in un avvilimento generale conseguente alle vessazioni patite, non escludendo sporadiche reazioni vitali ed aggressive della vittima la sussistenza di uno stato di soggezione a fronte di soprusi abituali. Nel delitto di maltrattamenti in famiglia, inoltre, il dolo non richiede la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale sia finalizzata, fin dalla loro rappresentazione iniziale, la serie di condotte tale da cagionare le abituali sofferenze fisiche o morali della vittima, essendo, invece, sufficiente la sola consapevolezza dell'autore del reato di persistere in un'attività vessatoria, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalità della vittima."

-La Corte di Cassazione con la sentenza n. 6074/2021 ha confermato la responsabilità del marito per i reati di maltrattamenti e lesioni ai danni della moglie e la somma riconosciuta alla vittima, che si è costituita parte civile nel giudizio penale, alla quale è stato riconosciuto un risarcimento del danno di quindicimila euro, per anni di offese, umiliazioni e percosse.