Articolo pubblicato il 31.10.2022
SEPARAZIONE PER INTOLLERABILITA’ DELLA CONVIVENZA CON IL CONIUGE. MOBBING FAMILIARE.
La separazione può essere chiesta quando si verificano fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza. Una delle cause per cui la convivenza può rilevarsi intollerabile è il mobbing familiare.
L'articolo 151 del codice civile recita:
La separazione può essere chiesta quando si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno o di entrambi i coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole.
La Cassazione, con la sentenza n. 26084/2019 ha dichiarato che:
"Deve rilevarsi che, ai sensi dell'art. 151 c.c., la separazione dei coniugi deve trovare causa e giustificazione in una situazione di intollerabilità della convivenza, intesa come fatto psicologico squisitamente individuale, riferibile alla formazione culturale, alla sensibilità e al contesto interno della vita dei coniugi, purché oggettivamente apprezzabile e giuridicamente controllabile; a tal fine non è necessario che sussista una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere da una condizione di disaffezione al matrimonio di una sola delle parti, che renda incompatibile la convivenza."
Una delle cause per cui la convivenza può rilevarsi intollerabile è il mobbing familiare.
Il mobbing si verifica quando vi è una continua svalutazione psicologica del partner, attuata mediante sistematici comportamenti prepotenti, coercitivi, vessatori nei confronti del proprio coniuge o compagno al fine di attaccarlo negli aspetti emotivi e psicologici in cui è più fragile.
Già nel 2000 la Corte di Appello di Torino stabiliva che ripetuti ed intenzionali comportamenti offensivi, denigratori e degradanti, soprattutto se posti in essere in pubblico, ben possono costituire causa di addebito della separazione. Nel caso di specie i comportamenti del marito, ripetutisi per tutta la durata del matrimonio, erano irriguardosi e di non riconoscimento della partner. Il marito aveva atteggiamenti svalutanti nei confronti della moglie alla presenza di amici e parenti, criticandola sia sul piano estetico che in merito alle sue condizioni economiche assumendo nei suoi confronti atteggiamenti sprezzanti ed espulsivi, con i quali la invitava ripetutamente ed espressamente ad andarsene di casa.
La Corte di Appello di Torino pertanto dichiarava: "il rifiuto, da parte del marito, di ogni cooperazione, accompagnato dalla esternazione reiterata di giudizi offensivi, ingiustamente denigratori e svalutanti nell'ambito del nucleo parentale ed amicale, nonchè delle insistenti pressioni con cui il marito invitava invitava reiteratamente la moglie ad andarsene è un fenomeno ormai internazionalmente noto come mobbing. Ritenuto che tali condotte sono violatori del principio di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, posto in generale dall'art. 3 della Costituzione che trova, nell'art. 29 della Costituzione la sua conferma e specificazione, al marito deve essere ascritta la responsabilità esclusiva della separazione, in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri (diversi da quelli di ordine patrimoniale) che derivano dal matrimonio, in particolare modo al dovere di correttezza e di fedeltà ".
Il mobbing coniugale dunque può essere motivo di addebito della separazione e ciò anche quando è l'altro coniuge ad andarsene. Infatti la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21296/2017, ha stabilito l'addebito della separazione a carico del marito che aveva attuato nei confronti della moglie un comportamento persecutorio definibile mobbing familiare che ha reso la convivenza intollerabile e costretto la moglie ad abbandonare la casa coniugale e richiedere la separazione.
Per ottenere l'addebito occorre provare sia il comportamento persecutorio sia il nesso causale tra il comportamento e la definitiva crisi del matrimonio.
Per essere certi che si tratti di mobbing familiare bisogna che sussistano i seguenti requisiti:
-comportamenti persecutori perduranti nel tempo come provocazioni, offese, umiliazioni, attacchi verbali e fisici;
-danno alla salute sia fisico che psichico della vittima;
-nesso di causalità tra il comportamento persecutorio e il danno;
-volontà di voler svalutare e umiliare costantemente la vittima.
Infine,
posta
la responsabilità
civile nei rapporti coniugali, il mobbing familiare può portare alla
risarcibilità
dei danni
ex art. 2043 c.c., subiti dalla vittima.
Il
coniuge infatti potrà ottenere una sentenza di condanna per il
risarcimento dei danni alla salute patiti. Nel caso in cui vi siano
inoltre danni fisici e maltrattamenti o minacce si potrà presentare
denuncia.